domenica 24 novembre 2013

Il Divano

Ormai posso affermare con certezza di avere una notevole esperienza in fatto di arredamento di interni, oltre che di esterni, di luci da controsoffitto, di luci segnapassi, di scale autoportanti, di piastrelle, tegole, cotti, ricotti, tricotti, soffioni, sanitari e persino delle 50 sfumature di fughe.
Insomma, ormai, dopo avere girato, rigirato, analizzato, guardato, comprato, cambiato ogni singolo centimetro quadrato della nuova casa dei miei genitori, e dopo avere immaginato, cambiato, rivisitato, trasformato, riparchettato stravolto e spostato mezza della nostra futura casa (senza mai cambiare il colore delle pareti però, che sia chiaro), posso definirmi un'Esperta, ma che dico Esperta, una Maestra, ma che dico Maestra, una Luminare del magico mondo degli arredamenti per casa.
Ed è proprio per questo motivo che ho deciso, per vostra cultura personale e per creare un'opera di pubblico servizio, di trasformare questo blog in un Vade Mecum del bravo arredatore.
E con questo non intendo dire che mi colorerò un ciuffo bianco, come Robbie Williams in versione swing, ne' che vi spiegherò come arredare un mega appartamento stra-miliardario del centro di Parigi. E non demolirò e ricostruirò il vostro centro per senzatetto di Chicago.
Semplicemente descriverò, nelle prossime righe, cosa succede quando una coppia, come noi, decide di comprare i mobili per la loro futura casa.
Io e Vicio, per esempio, abbiamo iniziato facendo un patto: abbiamo negoziato, stabilito i parametri e alla fine ci siamo pure dati la mano in segno di accordo. L'accordo, per il momento, è che decideremo quale divano comprare solamente DOPO aver girato 4, numero 4 (quattro), negozi di divani.
Dal patto, quindi, si intendono esclusi qualsivoglia negozi che, insieme a tanta altra merce, espongono anche due sparuti divani in stoffa a fiori blu e gialla.
E non lo dico per dire; il problema è questo: ogni volta che entriamo dentro un negozio di mobili, per il primissimo oggetto che incontriamo, proprio nella frazione di secondo che intercorre fra il primo piede di Vicio all'interno del negozio e l'ingresso del piede successivo, lui pronuncia la seguente frase "che bello, lo compriamo? Abbiamo deciso?!?".
Così.
Per il primo oggetto che vede, che sia un divano, un secchio per la spazzatura o il cane (vivo) dei proprietari, a lui piace.
Il resto della gita all'interno del negozio lo trascorriamo con me che cerco di dimostrargli che anche le altre cose esposte sono degne di nota e meritano almeno un'occhiata e con lui che borbotta dicendo che non so decidermi, che se fosse per me non compreremmo mai niente e che se sono l'Eterna Indecisa quando devo scegliere i gusti del gelato, figuriamoci quando devo fare una spesa di 900 euro.
E quindi abbiamo fatto un patto. Dopo il primo divano adocchiato nel primo negozio di divani, dobbiamo girare almeno altri tre negozi prima di decidere che sia proprio lui il Divano Giusto.
Mi piace, inoltre, vantarmi del fatto che abbia proposto io il numero di 4 negozi, avendo avuto la grande abilità di riuscire a pensare, nello stesso istante in cui lo dicevo, ai principali marchi di divani maggiormente pubblicizzati (Chateau D'Ax, Divani&Divani e Poltrone e Sofà della Ferilli, che loro si sa, sono gli artigiani della qualità). Mi sono detta "Elisa, se non dovessimo trovare niente in questi tre negozi, che senso avrebbe cercare ancora?".
Perché, forse-non-tutti-sanno-che, il problema del comprare un divano è che  non basta decidere di volere un divano in pelle. Esistono i divani coi piedini in metallo, in legno, pedini stretti, piedini larghi, braccioli morbidi, braccioli rigidi, senza braccioli, braccioli grandissimi, braccioli leggermente abbozzati, in pelle, in pelle di prima scelta, di seconda scelta, di terza, di quarta e persino di diploma, in similpelle, in finta pelle, in qualcosa di vagamente somigliante alla pelle, in crosta di pelle, in cuore di pelle, in pelle lucida, opaca, liscia, rugosa, usata, scamosciata, di toro, di vacchetta, di bufalo, di struzzo, di barbagianni, ecc.
Esistono divani che non sono divani ma un ammasso di cuscini, esistono divani che sono di legno e tavoli che sono di pelle. Letti che sono di cuoio e tappeti che sono di lana.
Io voglio un letto in alcantara ed un tavolino di ceppo.

sabato 9 novembre 2013

Nuovi amici, vecchi amici

Che dire? Tutto procede come sempre, stesso lavoro, stessa vita, stessi amici, stessa palestra.
Poi c'è che viene e c'è chi va, come sempre accade.

L'istruttrice di step, per esempio, ha deciso di abbandonare il corso per tornare nella sua città. Sapevo che mi sarebbe mancata già da quando ci ha annunciato la novità, lunedì scorso. Ma mai, mai avrei immaginato quanto, fino a ieri, quando l'istruttore sostituto (il cicciotto) ci ha propinato la nuova lezione di yoga misto a pilates misto a stretching misto a strani balletti zen misto a niente. Flextone pare si chiami.
Mi sentivo dentro una di quelle pubblicità dove la musica di sottofondo è una nenia in latino cantata da un coro di baritoni nordeuropei. Avete presente? La tipica pubblicità di una nuova e fiammante automobile che scorrazza per delle strade deserte con un sottofondo cupo ma sofisticato. In questa scena dovrete adesso immaginare una ventina di persone in tuta che si agitano a ritmo di musica. Forse la pubblicità che ho in mente è di un alcolico (Martini?), con un uomo vestito da donna ed una donna vestita da uomo. Non ricordo.
Voi figuratevi una scena zen con della gente in tuta che striscia, balla, salta, si immobilizza. Ecco, per figurarvi meglio questa scena, pensate agli allenamenti della vipera, la tigre, la mantide e la scimmia di Kung Fu Panda nel secondo film.
Questi eravamo noi ieri.
Io, chiaramente in ritardo, entro nella sala mentre già tutti ballavano seguendo l'istruttore. Ho capito che qualcosa puzzava sin da subito, quando ho notato che erano tutti scalzi, compreso l'istruttore cicciotto. E il qualcosa che puzzava non erano certamente i piedi dei Compagni di Sventura.
Alla fine prendo la mia posizione, guardo la collega scalza in piedi accanto a me, che mi rivolge un'espressione come per dire "che ci vuoi fare Elisa? Oggi ci tocca questo", mi tolgo le scarpe, e comincio anche io il balletto zen.
Questa palestra è un posto strano, un giorno ti ritrovi a fare danza del ventre con un'istruttrice che ti dice che l'obiettivo del corso è fare amicizia per andare a mangiare una pizza insieme, il giorno dopo ti ritrovi un istruttore che, al buio, ti dice di stare disteso per terra senza muoverti, immobile, immaginando di contrarre e distendere tutti i muscoli del tuo corpo. Che tu pensi "ma se volevo stare sdraiata a fare niente, pensando di darmi una mossa ma restando comodamente immobile, me ne sarei rimasta a casa sul mio letto, quantomeno starei più comoda!". Inoltre risparmierei.
La mia palestra è un posto strano, la ragazza compagna di corso, coi pantaloni sempre a vita bassa, che conosco appena, mi chiama Danzadelventre. La proprietaria della palestra, invece, mi chiama Eli, come se fossimo amiche di infanzia. Io non ho idea di come si chiami lei; in mancanza d'altro ho deciso di chiamarla Patrizia .
Poi c'è quella compagna di corso 50enne gentile e simpatica, di cui so tutto. Lei mi piace perché sembra una brava persona, ha una figlia di 13 anni che fa judo e che si chiama Cinzia, suo marito invece lavora all'università, insegna matematica e non viene quasi mai in palestra. La sua collega di studio si chiama Daniela. Praticamente ormai la conosco benissimo, conosco i suoi gusti e le sue abitudini. I suoi orari di lavoro e il nome delle palestre vicino casa sua. I prezzi dei corsi che fa e i problemi del suo condominio. Unica cosa che non so, di questa Compagna di Corso, è come si chiami.

Per la categoria "new entry", invece, abbiamo il nuovo piccolo amico che da ieri ha deciso di fare parte della nostra numerosa famiglia.
Inizialmente, devo ammetterlo, pensavo che mia madre si fosse immaginata tutto. La sua teoria però, è stata successivamente confermata dalle mie sorelle, che hanno visto entrambe con i loro occhi.
Quindi adesso è ufficiale: abbiamo un topolino in casa.

mercoledì 9 ottobre 2013

Prontuario del bravo allievo

Adesso che sono un'allieva esperta ne posso parlare con cognizione di causa, quindi ritorno sull'argomento per spiegare meglio quanto finora appreso, potrei fare anche un breve corso. Così. Metti che a qualcuno, leggendo, venga voglia di imparare.
Ecco, il mio corso scritto potrebbe essere d'aiuto per provare questa insolita attività ed imparare le tecniche di base, come quando si facevano i corsi per corrispondenza o come la Cepu.
A tal proposito apro una breve parentesi personale: vorrei dire al signor Cepu, il quale sicuramente mi sta leggendo, che può anche evitare di continuare a mandare sms al mio numero, tanto non devo più dare nessuna materia. Almeno lui risparmia ed io mi libero di tutti questi sms inutili.
Sappiatelo, comunque, la Cepu per adesso fa offerte.
Una mia collega d'università frequentava la Cepu, e mi raccontava che molti altri nostri colleghi la frequentavano, e lei lo sapeva perché li incontrava alla sede generale. Però fra di loro non si salutavano; quando si incontravano per i corridoi dell'università, o in biblioteca, a malapena si guardavano e facevano finta di niente, si giravano dall'altra parte e cominciavano a fischiettare. Era praticamente una specie di setta segreta: tu conosci i tuoi Compagni Di Setta (o come si chiamano), ma devi mantenere il segreto in pubblico, devi ignorarli, come se non li avessi mai visti prima, come il saluto super segreto dei massoni... che però conoscono tutti.
O, quanto meno, io lo conosco.
Il problema del saluto massone, però, è che non lo posso usare in giro per vantarmi e soprattutto fingermi una massona perché non saprei quale altro Compagno Di Setta salutare. In più c'è il piccolo inconveniente che sono donna.
Comunque, dicevo, ho deciso di fare dei mini corsi per insegnare questa nuova attività. Quindi tu, caro collega, proprio tu, che stai leggendo perché che sei curioso di sapere cosa scrivo perché, dici, ti piace cosa scrivo (ma intendi: ti piace prendermi in giro), tu, prendi appunti. Da oggi pure tu potrai imparare la fine arte della danza del ventre!
Sono alla quarta lezione. Posso dire quindi, di avere acquisito, ormai, una certa esperienza nell'ancheggiamento e nello sventolamento. Oggi, soprattutto, ho imparato come si cammina di lato ancheggiando. Un poco come fanno i granchi nei cartoni animati, ma con 2 sole zampe.
Oggi, inoltre, ho fatto un'interessante scoperta socio-culturale sulla condivisione dei beni comuni. E poi si dice che fare del bene non serva a niente.
Oggi, infatti, ho rischiato di non potere fare la lezione, e non perché mi mancasse il gonnellino con i sonaglini, che di fatto mi mancava, ma non è questo il punto.
E nemmeno perché mi mancavano i veli o le Ali di Iside, no. Oggi mi mancavano i leggings. Cioè proprio i pantaloni da palestra, per intenderci.
Per sbaglio in borsa, questa mattina, ci avevo messo due magliettine ma nessun paio di pantaloni. Ebbene sì, rischiavo di saltare la lezione in palestra, oppure di fare Step in jeans. Comodo, se consideriamo la quantità di piegamenti e squat che l'istruttore pacioccotto ma tosto, ci fa fare ogni volta.
Fato volle, però, che mentre mi trovavo nello spogliatoio a scoprire la disastrosa assenza dei leggings in borsa, esattamente in quell'istante, entrò la Compagna di Corso alla quale un paio di mesi fa avevo prestato un elastico per capelli (dato che lei aveva dimenticato il suo a casa).
Fato volle, quindi, che la gentilissima Compagna di Corso avesse esattamente 2 paia di leggings e potesse quindi ricambiare il favore dell'elastico per capelli.
E così, leggings prestati color tortora, canotta nera arrotolata e ballerine dorate, mi sono immersa, anche oggi, nel magico mondo fatato della danza orientale. Oggi ho imparato il passo "della camminata di lato in punta di piedi". L'istruttrice dà, ai passi di danza che ci spiega, dei nomi del tutto fuori dalla logica comune e inventati rigorosamente sul momento. A volte cambiano persino da un momento all'altro, mentre meno te lo aspetti. Così, zac! Stai muovendo i fianchi a destra e sinistra ed improvvisamente l'ancheggiamento non si chiama più "otto" ma "fianco aperto".
Lo fa per mantenere viva l'attenzione, credo.
L'istruttrice di step, per esempio, è talmente precisa che ad ogni nuovo passo ti descrive tutti i muscoli che devi fare intervenire; del 97% dei quali, chiaramente, ne ignoro completamente la posizione mentre dei restanti 3% ignoro proprio l'esistenza. Certe volte penso persino che se li inventi lei, tipo "spingete lo psoas contro il gastrocnemio" o roba simile.
L'istruttrice di danza, invece, è più come me. Conosce il corpo umano per sentito dire, il bacino lo chiama bacino e il torace, torace.
Se devi muovere il fianco in tondo avanti ed indietro, lei ti dice "fai un otto col bacino". Facile. O "fai un passo col piede destro ed il bacino a sinistra, poi piede sinistro, centro, bacino a destra, stop, riparti, bacino a sinistra, senza fermarti". Intanto ricordati delle mani in aria messe a peso morto ed agita le dita come a volere sciogliere i muscoli del palmo e sventolare le braccia in alto ed in basso tenendole curve.
Ecco, questo è il passo del mio mini corso di oggi, facile.
Collega, domani interrogo. A saltare.

mercoledì 25 settembre 2013

Per le ali ci stiamo attrezzando

Ne parlo adesso prima di pentirmene per sempre. Perché chi mi conosce lo sa bene che queste cose assolutamente non sono da me, anzi sono l'esatto opposto della me pubblicamente nota. Sono l'esatto opposto anche della me non nota, e della me potenzialmente nota. Ho motivo di pensare che siano anche l'esatto opposto della me appartenente ad un Universo parallelo dove la mia me è l'opposto della me di questo Universo.
Insomma, ballare la danza del ventre decisamente non è da me. Ma oggi, dopo una stancantissima lezione con quell'istruttore cicciottino, quello che tu lo guardi e pensi che, con un fisico così, sicuramente ti aspetta una lezione da principianti che puoi fare pure in gonna e tacchi tanto nemmeno suderai, ma che in realtà si rivela un'ora di tentato omicidio da parte dell'istruttore verso i circa 20 allievi, dicevo oggi, dopo questa passeggiata di salute insieme all'allega combriccola dei miei compagni di sventura, decido di provare la lezione di Danza Orientale. Devo ammettere che avevo subito preso sotto gamba la faccenda, mi dicevo che tanto è una prova, che non è importante fare tutto bene, tanto mica ero lì per dimagrire, tanto ero lì solo per curiosità. Al mio "ciao, vorrei fare la lezione di prova oggi, se è possibile" l'istruttrice ballerina ha risposto con un "devi toglierti le scarpe".
Ora, già l'idea di stare scalza in un luogo pubblico non mi piace tanto. E' come quando sogni di andare a scuola ma in macchina ti accorgi di avere dimenticato le pantofole ai piedi: non è naturale. Ci solo lezioni come la danza del ventre, il pilates, lo yoga, l'acqua gym dove l'istruttore ti deve sempre obbligare a stare scalzo, che tu, la prima cosa che pensi è quali calzini indossi e se sono apposto. E' così. Anche se non indossi calzini. Io non indosso mai calzini bucati però, nell'incertezza, mi preoccupo sempre quando devo metterli in mostra, metti che si bucano un attimo prima di toglierti le scarpe. Non sai mai quando un calzino deciderà di bucarsi, come quella storia dei quadri. Il quadro resta lì per anni appeso allo stesso chiodo e un giorno, all'improvviso, decide di cadere. A volte capita in bagno: sei lì che fai le tue cose, anche semplicemente pettinarti i capelli (malpensanti!) ed improvvisamente l'accappatoio decide di lasciarsi cadere dall'appendino. Una mia amica sostiene che siano manifestazioni della presenza dello spirito di suo nonno. Ognuno.
Una volta mi è capitato di uscire per comprare delle scarpe da tennis e di indossare, quindi, dei bei calzini, data la bella mostra che avrei dovuto farne in giro per i negozi. Caso volle che le suddette calze si bucarono dopo essere uscita da casa, giuro, mentre passeggiavo per le strade. Nel dubbio vi consiglio, quindi, di portarvi sempre dietro un altro paio di calzini se dovete comprare delle scarpe, non si sa mai. Tagliatevi anche le unghia, oppure, se volete provare ad entrare nel Guinness World Record come la persona con le unghia dei piedi più lunghe, non stupitevi se vi si bucheranno i calzini!
Insomma, mi tolgo le scarpe e mi osservo intorno, notando che tutte le altre ragazze indossano quello strano gonnellino pieno di sonaglini tipico delle danzatrici orientali. Tutte indossano anche delle scarpine dorante in pan-dant con il gonnellino. Io "bisogna usare obbligatoriamente quella cosa?" indicando la gonnella all'istruttrice. Lei, che a quel punto avrà perso ogni speranza formativa nei miei confronti, mi presta una sua fusciacca blu piena di medagliette sonanti e me la lega intorno alla vita. Già così facevo pena.
Senza nemmeno iniziare.
Le altre con pantajazz e ciabattine dorate, gonnelle con sonaglini e micro top colorati. Io leggings corti e macro T-Shirt con scollatura a barca da ginnasta navigata stretta in vita da una fusciacca blu elettrico. Iniziamo.
Sono sicura che la mia incapacità nell'ancheggiamento sia dovuta al fatto che l'istruttrice avesse la gonna, e quindi io non riuscivo a seguire bene i movimenti delle sue gambe. Probabilmente, se lei avesse avuto dei pantaloncini adesso saprei ancheggiare alla perfezione.
Oppure sono semplicemente negata.
Inoltre, devo ammetterlo a difesa della categoria, questa danza è veramente faticosa. Una delle allieve, prima di cominciare, mi aveva consigliato di stare attenta durante i movimenti di danza, infatti lei alla lezione precedente si era praticamente quasi slogata un braccio. Io ovviamente non le avevo creduto, come ci si può slogare un braccio mentre si ancheggia?
... Non solo devo dire che si può, devo anche ammettere che pure le mie braccia hanno rischiato seriamente delle slogature durante l'utilizzo del velo.
Ebbene sì, a metà lezione l'istruttrice ha interrotto musica e istruzioni per dare nuovi ordini, come quando durante la lezione di cardio-fitness l'istruttore dice a tutti di prendere i pesetti, o gli elastici o chessò le fit-ball, per passare ad un'altra fase dell'allenamento.
Questa volta l'istruttrice ha detto "prendete i veli" e io non avevo ben capito se dirigermi verso i pesetti, verso le fit-ball o verso il tappetino. Ho seriamente pensato che la fase iniziale fosse finita e adesso si passasse al tappetino per gli addominali, come ogni buona lezione di fitness.
Tutte prendono i loro veli dalle loro borsette e a me tocca quello giallo dell'istruttrice. Quindi io, legging neri fusciacca blu elettrico velo giallo e calzini a righe verdi rossi e gialli, comincio a sventolare il velo secondo le indicazioni dell'istruttrice ballerina. La cosa importante dello sventolare il velo è tenere sempre il piede sinistro leggermente avanti e muovere il velo in tondo e non come faresti con un mantello rosso di fronte ad un toro. Più come un prestigiatore che fa sparire un mazzo di carte e fa spuntare una colomba, direi.
Lo sventolamento, devo ammettere, mi riesce molto bene, mi sento molto portata per lo sventolamento di veli gialli.
Alla prossima lezione l'istruttrice ha detto che useremo le ali. Non ho il coraggio di cercare in internet cosa siano.


sabato 21 settembre 2013

I messaggi subliminali

Questa è la scena: io e Vicio dentro un famoso negozio di borse, in pieno centro, intenti a cercare un regalo per La Cognata. L'idea è comprarle una pochette o una bustina, una di queste borsette da portare a mano o sotto braccio tipo signora degli anni '70.
Io adoro queste borse, e siccome con La Cognata abbiamo gli stessi gusti, solo che lei è di ben due taglie più magra, praticamente si veste meglio, oppure si veste uguale ma sta meglio, oppure si veste meglio e sta meglio. Semplicemente, secondo me, sta attenta a cosa indossa quando si veste, al contrario di me che sono sempre di fretta la mattina e prendo le prime cose a caso dall'armadio con gli occhi semi chiusi... Dicevo, siccome abbiamo gli stessi gusti, con una Cognata fashion cercare un regalo è facile: basta trovare qualcosa di bello!
E il bello si è concretizzato in una borsetta a secchiello color rosa antico.
L'unico modo per capire se una borsa è bella è metterla sotto braccio e guardarsi allo specchio del negozio. Vale anche se la borsa non è tua.
Quindi prendo la borsa rosa antico, la sistemo nel mio braccio e mi posiziono davanti allo specchio. Mi guardo e improvvisamente mi ricordo che quella borsa in effetti l'ho sempre voluta. Quel modello mi ha sempre affascinato. Non me lo ricordavo, ma io volevo quella borsa da sempre. Perché, ammettiamolo, Furla ha lanciato questa linea di borse già qualche anno fa, questi sono solamente i nuovi colori della stagione. Ed io l'ho sempre desiderata. Sempre.
E ora la vedevo al mio braccio.
Questa moda malsana di mettere gli specchi all'interno dei negozi è un'abile strategia malefica per convincere la gente a comprare, c'è qualche messaggio subliminale che trasmettono mentre ti guardi, come fanno nei film al cinema. C'è chi sostiene che anche nei cartoni animati della Disney ci siano dei fotogrammi che inneggiano alla morte; e la cosa funziona così: tu non lo vedi il fotogramma, il tuo occhio non ce la fa a percepirlo, ma il tuo cervello sì. Il tuo cervello recepisce tutte le immagini, anche quelle istantanee e le elabora facendoti pensare al suicidio. Acquisisce le immagini del film ricostruendo la scena di Topolino che guida la sua topomobile e lascia da parte quelle sulla morte o sulla pubblicità della Cocacola. Le lascia lì senza sapere bene cosa farne, quindi alla fine decide che quelle immagini sono nella tua testa perché sono parte di te, quindi tu sei Cocacola e Morte. Allora ti fa decidere di comprare una Cocacola e di morire, un giorno. O qualcosa del genere.
E negli specchi dei negozi funziona così: mentre ti guardi "loro" trasmettono fotogrammi subliminali che ti spingono all'acquisto. Tu vedi solo la tua immagine riflessa, ma loro ti hanno già inculcato l'idea di te che saltelli felice per i campi con una borsa uguale ma nera&rossa.
Io: ma c'è anche di altri colori? Commessa: c'è rossa e nera. Io: posso vederla nera? Commessa: eccola, la teniamo dentro perché non andrebbe in sconto, ma noi la scontiamo ugualmente.
Falsissima: la verità è che andrebbe in sconto, ma loro non la espongono così se nessuno la compra la ripropongono con la nuova collezione senza sconto. Esattamente il contrario.
Io: ah, ma è Nera E Rossa. Lei: sì, ma c'è anche rossa con l'interno viola, ma questa nera&rossa è praticamente continuativa, solo che è in sconto. Nera è sia estiva che invernale, anche nella collezione invernale c'è in nero. E' praticamente un affare.
Riassumendo quindi ho in mano la borsa che ho sempre sognato, è in sconto, è un colore neutro che posso usare anche d'inverno, è "praticamente continuativa", ci sarà nella nuova collezione, è un affare.
Adesso io e La Cognata abbiamo la stessa borsa, oltre allo stesso orologio, lo stesso cardigan, lo stesso vestito nero...
Prossimamente giuro che mi limiterò a volere solamente la stessa taglia. Prometto.

sabato 7 settembre 2013

Del perché non esiste ancora la cura contro certe malattie

Il problema è che, essendo passata un'infinità di tempo dall'ultima volta, diciamo essendo passati 4 mesi, mi ritrovo a non sapere più da dove cominciare. Il problema è questo: mi viene in mente qualcosa e costruisco mentalmente tutta la storia, le motivazioni, le idee e persino le battute, tutte brillanti e meritevoli di un Nobel alla Comicità. Immagino persino il filo conduttore, dall'inizio alla fine, di tutto quello che voglio esprimere e mentalmente cerco di memorizzarlo, pensando che assolutamente "quella cosa" meriti di essere detta. Penso e ripenso soprattutto alla parte iniziale, mi ripeto che se continuo a ripassarla mentalmente non la dimenticherò. E una volta ricordata La Parte Iniziale, il resto verrà automaticamente da sé, e così ricorderò tutto.
Così negli ultimi mesi ho ideato tante bellissime riflessioni da scrivere qui. Avrei potuto scriverci quindici libri. Avrei vinto il Nobel per la letteratura e il premio alla carriera, ma... è successo che tutte le mie idee sono state partorite prevalentemente prima di addormentarmi, di notte. Le restanti idee invece le ho avute in auto, prima di andare al lavoro. E tutto, Tutto, è stato successivamente dimenticato l'indomani mattina, o dopo le 8 (nove) ore di lavoro. Tutto.
E così ora mi ritrovo qui, 4 mesi dopo, a non sapere cosa dire. Giuro che avevo delle idee, ma le ho tutte accuratamente rimosse.
Mi chiedo perché, tutto quello a cui pensi la sera, prima di addormentarti, venga completamente rimosso come se non fosse mai stato pensato, il giorno dopo, quando ti risvegli. Eppure durante la notte non succedono cose per le quali hai bisogno di utilizzare talmente tanta memoria da annullare quello che era rimasto in RAM. Solitamente usi il cervello solamente per sognare eventi a casaccio in luoghi mai esistiti, oppure esistiti veramente quando eri bambino ma con nuovi tunnel che, dopo essersi ristretti diventando minuscole fessure dalle quali devi passare per entrare in casa, ti portano in nuovi posti mai visti ma che improvvisamente sono i posti dove hai sempre vissuto con il cane che non hai mai avuto, di nome Luigi, e un fratello mai esistito. Stanotte, per esempio, ho sognato che dovevo andare in bagno in casa di una pro-zia che non vedo da un paio d'anni: un bagno piccolissimo con una porta che non si chiudeva e un water strano, alto. E un signore, mai visto, che si lamentava perché sua nuora doveva rifarsi il bagno ma loro non avevano soldi e tutto è sempre caro. I sanitari sono cari, le vasche sono care. E si lamentava che qualcosa costava 200 euro e per rifare il bagno ci volevano anche 2 mila euro, e chi ce le ha duemila euro? Allora io gli rispondevo che se girava per alcuni negozi, poteva trovare anche bagni economici e che per esempio un mio amico aveva comprato un bidet 25 euro da Leioy Merlin (fatto vero). Nel sogno non precisavo che quel mio amico col bidet ci aveva fatto un comodino (fatto vero)... questa cosa mi sembrava troppo assurda persino in sogno. E poi non volevo sminuire la sua lagna sulla vita cara e i soldi che non ci sono vantandomi del mio amico che invece compra bidet al posto di comodini. Anche perché, perché mai avrei dovuto vantarmi di questa cosa?
Ora mi chiedo, perché queste informazioni insensate dovrebbero coprire, nel mio cervello, informazioni più utili che magari potrebbero aiutarmi a vivere meglio il giorno dopo? Perché il mio cervello ritiene più interessante immagazzinare l'informazione di un signore che non conosco che non ha 200 euro da spendere per rifare un bagno che non esiste, piuttosto che ricordare qualche battuta interessante che volevo scrivere qui? O qualche idea imprenditoriale brillante che avrebbe potuto farmi arricchire?
Secondo me alcune persone prima di addormentarsi avranno scoperto, chessò, la cura contro il cancro e l'indomani, dopo aver fatto un sogno stupido su Paperino che lancia un pianoforte dal secondo piano premendo Pluto sotto terra fino in Cina, l'avranno catastroficamente dimenticato.
Non mi ricordo cosa volevo dire oggi, per esempio; quindi riprenderò la comunicazione quando avrò ricordato qualcosa di interessante da dire.

sabato 25 maggio 2013

La prima regola per non fare tardi (io che lo so)

E' da un po' di tempo che voglio parlarne, ed effettivamente, dopo 10 anni di onorata carriera automobilistica, posso parlarne con una certa padronanza.
Riassumerò qui, ad uso e consumo di tutti i guidatori, le regole principali della guida cittadina. E consiglio di leggerle non solo ai neo-patentati o futuri guidatori distratti, ma anche a chi, dopo anni di esperienza, ancora si fa infinocchiare dagli altri automobilisti e non ha imparato i segreti di una facile vita da guidatore. Un nome a caso, mia sorella.
Ci sono persone, tipo mia sorella, che quando guidano seguono semplicemente la fila di macchine davanti a loro, come se per andare avanti si debba stare necessariamente in fila seguendo il flusso come fa l'olio perfetto in un circuito oleodinamico senza attrito. Ok, questo è quello che ti dicono tutti gli istruttori quando ti insegnano a guidare la macchina, ma è evidente che nessun istruttore ha mai avuto fretta. Nessun istruttore ha mai dovuto percorrere 30 chilometri in mezzo al traffico in 5 minuti di tempo per evitare di arrivare in ritardo al lavoro. Anzi, per essere precisi, tutti gli istruttori di guida stanno lavorando esattamente nel momento in cui ti stanno insegnando come si guida, quindi, più tempo perdono, più guadagnano!
Ecco, allora, le regole per evitare lunghi imbottigliamenti nel traffico, ritardi al lavoro, stress.
La prima regola fondamentale, quando stai guidando, è stare attenti alle file. E' come se tutte le automobili che hai davanti stessero percorrendo un flusso: per ognuna devi fare un'attenta analisi di tutti tutti i dettagli, devi fare una radiografia, istantanea! Devi osservare attentamente tutti gli input ed inquadrare il guidatore. Devi essere bravo e veloce. Più riesci a mettere insieme i dettagli, prima arrivi al lavoro. Le macchine che hai davanti, infatti, al primo intoppo, chessò un semaforo, si impileranno in file. E' a quel punto che, zac!, devi scegliere la fila a cui appartenere.
Attenzione: questo passaggio è molto importante, ecco cosa devi fare:
- Evita le macchine che vanno lentamente, quelli che si posizionano dietro le altre macchine che hanno davanti, standogli a debita distanza; diciamo evita tutti quelli che stanno a più di 1,5 metri dall'auto che hanno davanti. Questi, al verde del semaforo, ripartiranno almeno 20 secondi dopo, è matematico. Fidati! Alcuni ripartono prima dei 20 secondi ma, stando distanti di 3 metri dall'auto che hanno davanti, incoraggiano i guidatori delle file accanto a passare dalla tua parte. Ti ritroveresti quindi altre 17 macchine davanti restando ferma fino al prossimo verde.
- Evita di stare dietro tutti quelli che hanno un'auto immatricolata prima del 1940, molto spesso sono molto più anziani della loro auto e la loro velocità di crociera ti farà arrivare con 48 minuti di ritardo al lavoro. Chiaramente davanti a loro, le auto che cambieranno fila raddoppiano rispetto al punto precedente.
- Evita assolutamente quelli che dentro la macchina si agitano, muovendo braccia e testa velocemente, magari stanno litigando con la moglie seduta accanto o con qualcuno dall'altra parte del telefono: sono troppo presi dal litigio per stare attenti alla guida. Quando la fila ripartirà e tu suonerai un colpo di clacson per informarlo che il resto del mondo sta già tornando a casa dal lavoro mentre voi e lui state ancora controllando tutte le sfumature del semaforo, lui se la prenderà con te. Smetterà di litigare con la moglie e ti correrà dietro per insultarti o per improvvisare fantasiosi inseguimenti con la macchina stile 8 millimetri.
- Evita, allo stesso modo, quelli che hanno l'adesivo "Bebè A Bordo" scolorito, ancora attaccato dietro, e magari hanno il figlio di 18 anni seduto accanto. Non li evitare solo nel caso in cui sia il figlio di 18 anni a guidare l'auto. Se guida la madre, invece, evita! Cambia fila. Scegli il nonnino con la millecento. La madre non sa guidare, è talmente sbadata che non si è accorta che suo figlio non è più un bebè. E' distratta, guida male, ti farà perdere sicuramente tempo.
- Più di tutti, evita la fila più lunga. Ci sono certe persone che scelgono sempre la fila più lunga. C'è il semaforo rosso, ci sono due file di auto. In una fila ci sono 2 macchine, nell'altra 75. Inspiegabilmente c'è gente che sceglie comunque questa seconda fila. C'è gente che si piazza al 76esimo posto e aspetta. A volte la motivazione è semplice: dopo 6 o 7 isolati dovranno girare a sinistra e quindi si preparano in quei 800/900 metri prima. Altre volte il motivo non c'è. Scelgono la fila più lunga per sentirsi parte di un gruppo. Per non sentirsi esclusi. Mai, dico mai, scegliere la fila con 75 auto, a meno che nell'altra non ci sia il vecchino con la millecento. Ci sono volte in cui devi scegliere la soluzione meno ovvia per non fare tardi. Mia sorella per esempio, sceglie sempre la fila più lunga. Credo che pensi dentro di sé che "se sono tutti da questa parte un motivo ci sarà".
Ok, questa è la prima regola, prossimamente le altre...

venerdì 24 maggio 2013

Grazie Signorina

Da qualche mese ormai frequento abitualmente una palestra. Lo so che non è da me, e che solitamente non ho le forze nemmeno per aprire un barattolo di maionese (che infatti nemmeno mi piace), però questa volta sta funzionando: ho pagato l'iscrizione annuale, vado 3 volte a lla settimana, e non ho le forze nemmeno per fare 3 addominali di fila (oltre che per aprire quel barattolo di maionese).
In ogni caso tutti questi sforzi stanno funzionando; sono talmente abituè della palestra che saluto quasi tutti i frequentatori/istruttori e alcuni li conosco pure per nome! E, se consideriamo che nella precedente palestra, dove facevo acquagym con Serena, conoscevo solo la ragazza della reception, della quale chiaramente non conoscevamo nemmeno il nome e che chiamavamo "femminuccia" malgrado fosse un uomo malamente incastrato in un corpo da donna, è un grosso passo avanti nella mia vita da sportiva.
Insomma, in un primo periodo ero entrata in uno stato di confusione fisica, in cui faticavo in palestra, e poi mangiavo per recuperare le fatiche, ma pensavo che faticando avrei tranquillamente potuto mangiare tutto. In effetti il motivo per cui mi ero iscritta in palestra non era tanto dimagrire, quanto il potere mangiare tutto senza problemi.
Ora lo posso dire con certezza: questa cosa non funziona.
Cioè, non è che vai in palestra a perdere centinaia di calorie, e poi le stesse calorie le puoi riprendere mangiando 2 o 3 merendine? No. Inspiegabilmente quello che perdi è sempre meno di quello che mangi. Anche se non mangi niente e perdi tanto. Puoi fare 15 giorni consecutivi di palestra e poi prendere 3 etti con un cracker (o, come nel mio caso, con un paio di waffel con Nutella).
L'altro ieri, per esempio, ho mangiato un gelato e contemporaneamente fatto una passeggiata di un'ora e mezza. Vicio dice che il gelato l'ho smaltito. Scientificamente, quindi, possiamo dire che la quantità di calorie e grassi che perdi, dopo aver mangiato o poltrito per giorni, dipende dalla buona volontà che ci metti per perderli.
Io, che ho pagato fior di quattrini in palestra, creme anticellulite e pseudo diete faidame, posso dire con certezza di essere stata ripagata con un chilo e mezzo in meno in 4 mesi. Come dice sempre  il Glamour, il segreto per dimagrire è combattere la cellulite su 3 fronti: dieta, creme e palestra.
Però so di essere dimagrita, perché me lo dicono tutti. E quando succede mi chiedo sempre quanto fossi obesa prima. Probabilmente un chilo e mezzo in più, una persona di 1 metro e 62, è come 12 chili in più in una persona di 1 metro e 64.
Tutti questi progressi atletici, comunque, non spiegano quanto accaduto oggi fuori dalla palestra. Oggi, mentre me ne stavo felicemente tornando a casa dopo un'ora di imbarazzanti tentati esercizi di equilibrio sopra una gigantesca palla di gomma, proprio mentre uscivo dal cancello della palestra, vengo fermata da una signora. Tipica signora di età compresa fra i 60 e i 70 anni, un poco ignorante e, l'ho capito subito dopo, con qualche rotella fuori posto.
La signora dentro la sua auto, finestrino aperto.
Le passo davanti e mi chiede "scusi signorina, ma qui c'è una palestra?". Io, che pensavo che fosse solamente una signora che era lì per prendere sua figlia uscita dalla lezione di yoga o il nipotino dalla lezione di judo, oppure che semplicemente la grossa insegna sopra la nostra testa con scritto "PALESTRA" non fosse abbastanza visibile, mi fermo e rispondo "sì, qui dentro, in fondo allo scivolo". La signora, quindi, rincuorata dalla mia risposta, scatta fuori dalla macchina e mi dice "no, glielo chiedo perché mia figlia è andata un attimo nel negozio qui vicino in farmacia, che il dottore ci ha prescritto delle medicine per mia nipote e lei le sta comprando, quindi io volevo vedere se questa era una palestra". Ho pensato subito: ok, vuole dei soldi con la scusa delle medicine. Continua "siccome mia nipote cammina con le punte dei piedi, come le ballerine, ha presente? Ma è piccolina, però cammina, il dottore ci ha consigliato di farle fare piscina, lei che dice? In questa palestra può venire?". Io "guardi in questa palestra non c'è la piscina, può provare in quella più avanti, vicino il bar nella traversa". Ma perché lo faccio? Perché dovevo continuare la conversazione? Non potevo dire semplicemente "no"?... La signora "ma quale? Quella più avanti? E mi dica, dov'è? La Polisportiva?" io continuo il simpatico siparietto "no, ma anche la Polisportiva va bene". La signora "ah, quindi anche la Polisportiva? Ma lei che dice signorina? La piscina va bene per mia nipote? Perché io ho due figli, ma sono ormai grandi, il maschio è sposato ma non ha figli. La femmina è sposata e ha questa bambina, quindi ormai io sono nonna. E mia figlia lavora, mica può portare la bambina in palestra, quindi io voglio vedere in questa qui. Ma si paga?" e io "sì signora, si paga, vada alla Polisportiva". E lei "Ah, lei dice alla Polisportiva? E ce l'hanno la piscina? Perchè la bambina deve fare piscina, dice che le persone che hanno questo problema come lei devono muovere le gambe, lei che dice signorina? Ma qua quindi la piscina non c'è. Perchè i miei figli mica ci andavano in palestra, ci andavano i figli di mio fratello, ma mia nipote ormai è grande, quella è Miss Italia, a 14 è uno stecchino. E che si fa? Ginnastica? E la ginnastica com'è per mia nipote? Ma se io gli porto il certificato medico se la prendono? Che dice, che devo pagare? No perchè se mio genero non supera il reddito forse non c'è bisogno che paga, lei che dice signorina?". Io "signora, vada alla Polisportiva col certificato medico". Ma io perché? E la signora "ah, dice alla Polisportiva? Grazie signorina, grazie" al che pensai che finalmente avevo esaurito tutti i suoi dubbi, lei infatti va per avvicinarsi di nuovo alla sua macchina allontanandosi dal mio fianco, ma riprende "quindi in questa palestra lei dice no? Non c'è qui una piscina, che dice signorina, si paga? Lei mi dice che si paga assai, mi conviene?" io "signora, scenda ad informarsi, all'ingresso c'è una ragazza simpatica con i capelli ricci, chieda a lei, per chiedere non si paga". La signora "ah, quindi lei mi dice di informarmi? Quindi forse non si paga? Ma c'è.." "signora scenda e si inform.." "ah, va bene, grazie signorina, perchè mia nipote dovrebbe fare piscina, lei che dice, non è meglio? Perchè per le gambe che ha dice che serve fare nuoto". Intanto torna la figlia dalla farmacia "mamma sali in macchina". "Stavo parlando con la signorina che mi stava dando informazioni sulla palestra, ma la piscina non c'è, grazie signorina, è stata troppo gentile ed educata, vedi che dice la signorina? Grazie, allora mi informo...". La figlia di nuovo "in macchina!".
Torno a casa.

mercoledì 30 gennaio 2013

Le tasche segrete funzionano alla perfezione!

La giornata di oggi è stata talmente assurda che merita un'analisi approfondita, per punti.
- ore 10:00, dopo aver letto le prime email della giornata e risposto alle prime telefonate di lavoro mi apprestavo a cominciare a creare un documento di calcolo come mi era stato richiesto dalle alte sfere. Proprio le alte sfere, in quel momento, mi chiamano dal fondo del corridoio "Elisabetta!", io ignara, mi alzo dalla sedia e vado in corridoio "chiama me?", lui "sì, si sbrighi per la riunione!" io "quale riunione?" lui "ma nessuno in questa azienda legge le mie email?". Torno, leggo la mail ricevuta mezz'ora prima, preparo, in un tempo che potrebbe essere stato 10 nano secondi, i documenti richiesti nella suddetta email, corro alla riunione. Mi siedo che già alcuni colleghi stavano spiegando il problema del giorno che io ignoravo, ricontrollo i fogli stampati richiesti nella suddetta email, guardo loro che parlano, ricontrollo i fogli e trovo un errore su un documento, appunto l'errore per segnalarlo al rientro al mio reparto, mi giro di nuovo verso il collega che spiegava il problema che io ignoravo. Il collega e l'alta sfera quindi mi guardano e aspettano, l'alta sfera stava dicendo qualcosa che si concludeva con una domanda rivolta a me. Io "cosa?". Ok, non stavo seguendo! Ma mi ero appena seduta, il discorso era già cominciato e io non sapevo nemmeno di cosa si stesse parlando.
- ore 19:00, in palestra, affaticata dalla prima mezz'ora di esercizi, mi apprestavo a seguire gli ordini dell'istruttrice sulla quantità di addominali da ripetere. L'istruttrice mi si avvicina e mi chiede all'orecchio "ma tu mangi?", io, addome contratto "sì, perch?" lei "perchè sei molto..." io "pallida?" "sì" io "... e con le occhiaieh" "sì" io "sì, forse ho qualch problema di... ehm.." lei "sei anemica?". Ok, sono un poco anemica, tutto qui.
- ore 19:30, finiamo la lezione. Tutti andiamo via salutando l'istruttrice. Lei però, mi ferma per un braccio e mi dice di restare. Mi fa una predica sul fatto che devo mangiare bene e che devo fare delle visite mediche, che sono troppo anemica e che devo curarmi.
- ore 20:00, dal benzinaio, dal secondo benzinaio, perchè il primo ha chiuso davanti a me con la tanica della mia auto che implorava pietà. Dal secondo benzinaio "buonasera, venti euro". Il marocchino attacca la pistola e va per pulirmi il vetro, che io volevo dirgli "senti giovanotto, evitati la fatica che tanto non c'è trippa per gatti". Intanto però la pistola erogava benzina e superava la quota 20 euro. Io apro lo sportello, il signor benzinaio accorre e spegne al volo. Importo benzina erogata: 30 euro. Il benzinaio si scusa e mi chiede i soldi. Ora, caso volle che io avessi solamente 20 euro scambiate, e caso volle (giuro! in un primo momento ho bluffato, ma poi mi sono ricordata che veramente l'avevo lasciata a casa) che non avessi nemmeno la carta bancomat. Niente, avevo solo 20 euro e poco più di 1 euro in monete. Ora il benzinaio aspetta che io domani torni da lui con i 10 euro...
- ore 20:15, dal panettiere, fortunatamente prima di scendere dall'auto questa volta, mi accorgo che quei pochi spiccioli non bastano per i panini da comprare, quindi vado a casa, prendo le monete e torno al panificio, salvo poi ricordarmi che... ieri, quando ho dimenticato di restituire i famosi 10 euro a Vicio, li avevo nascosti in una tasca segreta del borsellino per evitare di spenderli...

sabato 12 gennaio 2013

Del matrimonio, il mio?

Se c'è una cosa alla quale non ho mai pensato realmente, nella mia vita, è il Mio Matrimonio.
Non lo so perchè non ci ho mai pensato, non è che proprio non ci ho mai pensato, diciamo che al contrario di certe ragazze che già a 5 anni sapevano come sarà il loro abito e che colore di occhi avrà il loro marito, io invece non sapevo a 5 anni come sarebbe stato il mio abito bianco. Cioè a 5 anni sicuramente lo immaginavo diverso da come l'ho poi immaginato a 12 anni, e ancora diverso da come l'ho poi immaginato a 18 anni, diverso da come lo immaginavo a 25 anni e diverso ancora da come lo immagino ora. Molte, tutte, le ragazze ci pensano a quanto pare. E io non è che non ci ho mai pensato. Diciamo che era un pensiero lontano, sfocato, non preciso.
Ok, insomma, ci ho pensato pure io.
E le uniche due cose che ho realizzato, ricostruendo i miei pensieri in tutti questi anni, sono:
 
1. come vorrei che fosse l'automobile che preleverà me e mio marito fuori dalla Chiesa.
2. come mi vedo, svolazzante fra i tavoli a ridacchiare con gli invitati.
  
Queste sono le uniche due considerazioni che sono riuscita a fare circa il mio matrimonio in ben 33 anni di onorata carriera femminile.
Ora, anche se in prima analisi sembrano banali e brevissime idee, concepite in mezzo secondo di pensiero casualmente rivolto ad un poco probabile giorno delle mie nozze, in realtà contengono, al loro interno, l'intera organizzazione matrimoniale (sono talmente concisa e decisa che potrei fare la wedding planner). Infatti, pur non avendoci mai pensato a fondo, ma avendo chiari in mente solamente i due punti di cui sopra, posso già descrivere dettagliatamente cosa dovete aspettarvi entro i prossimi 2 anni (ebbene sì!):
  
a. ci sarà una chiesa (necessaria per potervi uscire, alla fine, e salire in macchina)
b. ci sarà uno sposo (conditio sine qua non)
c. ci saranno degli invitati, anche in chiesa (altrimenti l'idea di una macchina diversa sarebbe infruttuosa, diversa dalla mia idea a lungo costruita negli anni; nel senso: la macchina sarebbe comunque quella, ma non farebbe la scena che deve fare se non ci fosse qualcuno intorno a guardarci e festeggiarci. Il circondario di persone intorno all'automobile, fuori dalla chiesa, è un dettaglio necessario ad ogni matrimonio)
d. ci sarà un banchetto successivo alle nozze (non è detto che questo sia sempre sottinteso)
e. avrò un abito bianco svolazzante (altrimenti non potrei svolazzare tra i tavoli)
f. il matrimonio sarà d'estate (perchè, essendo io svolazzante fra i tavoli all'aperto, in mezzo ad un prato, necessariamente i nostri ospiti non devono morire ibernati ne' cenare col cappotto)
g. ci sarà del buon vino (questo non è tanto presente nella mia immaginazione, ma essendo sia gli sposi sia gli invitati di buon umore, sicuramente c'è del buon vino a mettere allegria. INsomma, qui offre la casa)
h. il matrimonio sarà divertente e senza rumori musicali (perchè altrimento non si potrebbe ridacchiare svolazzanti. Per rumori musicali si intende Gente Che Canta. Nessuna voce di nessuno, non siamo al Piano Bar, santocielo, è un matrimonio!)
i. la cena sarà buona, gli invitati soddisfatti e ci sarà una piacevole musichetta di sottofondo (questi dettagli sono necessari per il punto 2 in cui svolazzo fra i tavoli)
l. il banchetto sarà una cena, quindi la messa in Chiesa sarà di pomeriggio. Orari decisi.

Tutto organizzato insomma. Vicio può dormire sonni tranquilli. Tutti gli altri potete anche fare il ruolo degli invitati, cominciate a studiare le vostre parti.